LA STORIA DELL'ARMA DEI CARABINIERI. LA STORIA DEI CARABINIERI D'ITALIA. LA FONDAZIONE DEL CORPO DEI CARABINIERI.
Pubblicata il 29/03/2014
Secondo passo alla riscoperta della Storia dell'Arma dei Carabinieri, la Storia dei Carabinieri d'Italia. In occasione del bicentenario, insieme ai carabinieri d'Italia rispolveriamo la nostra storia, le nostre origini. " La Fondazione del Corpo dei Carabinieri "
La restaurazione in piemonte e l'istituzionde del Corpo dei Carabinieri. Dopo il 1815, conseguenza dei nuovi orientamenti politico-religiosi prevalsi al Congresso di Vienna, si affermò in Europa il principio della restaurazione, che riassumeva le aspirazioni di ritorno al potere delle vecchie classi dominanti prima del 1789, il bisogno di pace e di ordine sentito dalle popolazioni stremate dalla rivoluzione e dalle guerre, il ritorno agli ideali di fedeltà dinastica. Restaurazione implicava il riconoscimento dell’assolutismo di diritto divino contro le rivendicazioni della sovranità popolare. Nel Regno sabaudo Vittorio Emanuele I, tornato a Torino dopo circa quindici anni di esilio in Sardegna, ordinò nei suoi Stati il ritorno alle condizioni anteriori all’invasione francese, distribuendo le cariche secondo le indicazioni del vecchio annuario di corte. In Piemonte furono ripristinati i fori speciali ecclesiastici e militari, le innumerevoli giurisdizioni feudali, fu abolito lo stato civile, fu reintrodotta la tortura, fu restaurata la esclusiva legale dei nobili per le cariche di corte e quella effettiva per gli alti gradi dell’Esercito; furono inoltre epurate le Università. Da tutto ciò derivò un regime, di vessazione alla cittadinanza ed in particolar modo alla classe popolare e mercantile. Dobbiamo però tenere presente che in Piemonte l’abitudine ad una seria amministrazione, attraverso i regimi, si mantenne; i nobili di prima della rivoluzione francese erano una classe privilegiata ma non parassitaria e nel loro nucleo essenziale si erano adattati bene al nuovo regime. Un esempio di ciò si può riscontrare nelle vicende delle famiglie nobili più note come la famiglia Balbo che, rientrata in Piemonte dopo una breve emigrazione, entrò nelle carriere napoleoniche. Prospero diresse l’Università e il giovane figlio Cesare fu auditore al Consiglio di Stato. Nella classe dirigente quindi, accanto ai servitori di corte, erano entrati alcuni efficienti diplomatici ed amministratori dell’età napoleonica (come il San Marzano, Michele di Cavour, il Generale napoleonico Gifflenga) che mostrarono diligenza e dedizione al lavoro. L’Esercito piemontese fu ricostituito nei suoi vecchi Reggimenti, tenendo come principio costante il ritorno alle forme ed agli organici del 1789; il Re, il 28 giugno, dichiarò abolita la coscrizione e venne costituito a Torino un grande deposito per raccogliere i soldati che volessero riprendere servizio. Il 13 luglio 1814, Vittorio Emanuele I emanava le “Regie Patenti” con le quali creava il “Corpo dei Carabinieri” e la “Ispezione Generale di Buon Governo”. Prima di tale decreto la Segreteria di Guerra era stata incaricata di porre allo studio il ripristino dell’Esercito e, contemporaneamente, la costituzione di un Corpo di truppe per la pubblica sicurezza, che doveva far parte dell’Esercito. È del giugno 1814 un “Progetto di istituzione di un Corpo militare pel mantenimento del buon ordine" firmato da Luigi Prunotti; in esso sono previsti: un organico di 20 Ufficiali; 169 Sottufficiali; 656 soldati, dei quali 8 trombettieri e 408 uomini a cavallo. Reparti: 1 Stato Maggiore e 4 Squadroni, ognuno dei quali composto di 2 Compagnie, una a piedi ed una a cavallo. I militari arruolati in questo Corpo dovevano controllare giornal-mente le strade principali e secondarie, mediante marce e pattuglie, con l’obbligo di segnalare ogni novità su un apposito registro; dovevano ricercare i malfattori e vigilare sugli oziosi, i vagabondi ed ogni persona sospetta. Di ogni operazione di servizio doveva essere compilato un processo verbale ed inoltre i membri di tale Corpo erano autorizzati a visitare alberghi, osterie, anche di notte, se le esigenze del servizio lo richiedevano. I militari da arruolare dovevano saper leggere e scrivere ed avere un’età compresa tra i 25 e i 40 anni; se si considera che in quegli anni solo pochi erano coloro che sapevano leggere e scrivere, si può notare con quali difficoltà potevano essere arruolate queste truppe scelte, che inoltre dovevano aver fatto almeno quattro campagne militari al servizio del Regno Sardo. Nel documento si trova scritto infatti (capitolo III, titolo II): “si propongono in ordine ai soldati le presenti condizioni senza di cui niuno vi potrà essere ammesso; cioè: d’essere in età d’anni 25 insino a 40 comprensivamente, saper ben leggere e scrivere, aver fatto quattro campagne sotto li stendardi di S.S.M.M.”. La commissione che preparò questo progetto si rifece alla Gendarmeria francese, dalla quale trasse origine e fisionomia il Corpo dei Carabinieri. I Francesi, già nella seconda metà del ‘700, avevano provveduto al servizio per la sicurezza della città ed al servizio per la sicurezza delle strade, da cui deriva la Gendarmeria francese ed il Corpo dei Carabinieri. La Gendarmeria francese, organizzata spontaneamente al tempo della crisi che seguì il 14 luglio 1789, regolarizzata da molteplici leggi dell’Assemblea Costituente di cui la principale era quella del 1791, fu al tempo stesso un Corpo civile e militare; in guerra seguiva l’Esercito e in tempo di pace era destinata alla tutela dei beni pubblici e privati, alla vigilanza sulle prigioni, sulle coste e sugli arsenali marittimi, alla repressione del vagabondaggio e della delinquenza, alla dispersione degli assembramenti illegali e sediziosi. Sicuramente il Prunotti si rifece al decreto istitutivo del 10 marzo 1791 (Art. 4) nel preparare il progetto ed inoltre il primo ordinamento territoriale della Gendarmeria francese (Divisioni, Compagnie, Tenenze e Stazioni) è sostanzialmente rimasto intatto nel Corpo dei Carabinieri fin dalla sua fondazione. Successivamente (1815) si seguì il sistema adottato dalla Gendarmeria francese anche per conteggiare gli assegni spettanti ai militari e per il controllo esercitato dagli Ufficiali sui Comandi dipendenti. La polizia nel Piemonte durante l’occupazione francese era stata affidata per decreto di Napoleone, datato 23 giugno 1800, a quattro Battaglioni speciali che avevano nome Piemonte, Monferrato, Saluzzo, Aosta: si trattava di formazioni provvisorie, che si trasformarono ben presto in “Corpo della Gendarmeria piemontese”. Nell’agosto la Gendarmeria era in funzione, costituita in una Brigata (fanteria e cavalleria), ma nel 1801 i Francesi ritennero opportuno sopprimere la Gendarmeria piemontese, sostituendola integralmente, nel servizio di polizia, con un apposito distaccamento della Gendarmeria nazionale francese che è poi quella che vi resta definitivamente fino alla restaurazione, denominandosi, dopo il 1804, Gendarmeria imperiale. Mentre si compivano da par-te del Prunotti gli studi per la formazione di un Corpo militare per il mantenimento del buon ordine, il servizio di ordine pubblico nel Regno Sardo era disimpegnato dai Corpi di Polizia originariamente piemontesi: invalidi e guardia urbana. Il primo fu costituito alla fine del ‘600 a Vercelli; nel 1708 era suddiviso in sei Compagnie, di stanza in altrettante città. Nel 1750 aveva 2000 uomini, che alla fine del ‘700 salirono a circa 3000; loro compito pre-minente era la vigilanza all’interno delle città maggiori, mediante servizio di pattuglie, e non furono soppressi al rientro di Vittorio Emanuele I. Una sessantina di uomini di tale Corpo, inquadrati da Ufficiali dell’Esercito, costituirono (editto 8 marzo 1782 di Vittorio Amedeo III) un nuovo organismo di sicurezza per la città di Torino, che prese il nome di “Corpo delle Guardie Urbane”, con compiti esclusivi di polizia. Si può trovare traccia del servizio di polizia disimpegnato dalle guardie urbane, nella descrizione che ci dà “Le Courrier de Turin” (20 maggio 1814) dell’entrata in Torino di Vittorio Emanuele I: “La Piazza Castello, la via detta di Po, la spianata, il ponte, il sobborgo erano occupati da una triplice fila di Guardie Urbane a piedi, e di truppe di S.M. l’Imperatore d’Austria. Uno Squadrone di Guardie Urbane a cavallo si era recato sino a Moncalieri all’incontro di S.M. che vi arrivò verso le dieci, accompagnata dal nobile suo corteggio. Scese la Maestà Sua di carrozza a mezzo cammino da Moncalieri a Torino, e montò a cavallo. Giunta all’ingresso del sobborgo, venne incontrata da S.E. il signor Luogotenente Generale Conte di Bubna, dal signor Generale degli Ulani Imperiali Conte di Neipperg, e dal loro Stato Maggiore, dai Generali e Nobili piemontesi e dai signori Sindaci e Decurioni...” “S’avviò quindi Vittorio Emanuele verso la Capitale passando sotto l’arco trionfale ch’era stato innalzato in capo alla via Po. Lo precedeva uno Squadrone di cavalleria Imperiale Austriaca, cui teneva dietro un altro Squadrone della Guardia Urbana a cavallo”. E ancora: “Ieri mattina il piissimo Monarca, preceduto da un distaccamento della Guardia Urbana, recossi al Santuario della Consolata... Questa sera S.M. ritornò verso le sei alla Consolata, ove assistette al solenne Te Deum, ed alla Benedizione del S.S. Sacramento. La Guardia Urbana a piedi faceva ala all’ingresso della Chiesa, la quale quantunque vasta, era tuttavia troppo ristretta per contenere il gran concorso di popolo...”. Infine: “Questa mattina la Guardia Urbana di Torino comandata dal signor Marchese di Roddi, ebbe l’onore di far la mostra avanti a S.S.R.M. riceven-do dalla presenza dell’amatissimo Sovrano il più bel premio delle fatiche e delle cure che ella ebbe per mantenere in ogni occasione la pubblica Sicurezza. Settecento e più militi trovavansi riuniti nel campo fuori di Porta Nuova...”. Vittorio Emanuele I, al suo rientro a Torino, volle mantenere la sicurezza pubblica con misure da “stato d’assedio”; ne è l’esempio un manifesto del Revel, governatore della città, in data 9 giugno 1814: “Sulle doglianze fatte da S.E. il signor Generale Conte Bubna comandante in capo l’Armata austriaca qui stazionata, che vi esistono subornatori per indurre i soldati austriaci alla diserzione, S.M., volendo ovviare con tutti li mezzi più efficaci, e più rigorosi ad un tale disordine, comanda quanto segue: 1° Si prescrive a tutti li giusdicenti, e Sindaci comunitativi d’invigilar sugli andamenti delle persone, massime forestiere, le quali usassero mezzi diretti, od indiretti, per sovvertire le truppe, e portarle alla diserzione. 2° Sarà cura de’ giusdicenti, e delle amministrazioni suddette di far procedere all’arresto di quelle persone, che venissero a scoprirsi colpevoli di tale delitto, con formarne un verbale, e trasmetterlo immediatamente ai rispettivi Prefetti delle Provincie, i quali li faranno passare senza indugio alla Segreteria di Stato per gli Affari Interni per essere tali subornatori sottoposti al rigore delle leggi. 3° Inoltre S.M. ordina l’arresto di tutte le persone che direttamente, o in-direttamente, con promesse, o dissuasioni, od altri mezzi impedissero, o ten-tassero di impedire il reclutamento delle truppe di S.M., o cercassero di far-ne per potenze esterne...” (9 giugno 1814, firm. Revel, Orecchia segr.). Lo studio del progetto, iniziato dalla Segreteria di Guerra, passò ad una apposita commissione, presieduta da Francesco David, che perfezionò quanto era già stato progettato e stabilì che il nuovo Corpo dovesse chiamarsi “dei Carabinieri Reali”; definì poi nelle varie parti la materia della sua organizzazione, del reclutamento, dei compiti e limiti del servizio, e tutto fu compendiato in un regolare “Progetto provvisorio d’istruzione pel Corpo dei Carabinieri Reali” (16 giugno 1814). Il nome di “Carabiniere” era già esistente nell’Esercito piemontese con il significato di “portatore di carabina”. Nel 1790 costituiva già un grado, nel Reggimento cavalleggeri, tra il Brigadiere ed il soldato; ricostituito l’Esercito piemontese fu decretato che in ogni Battaglione di cacciatori, una delle sei Compagnie del Battaglione piemontese prendesse il nome di “Carabinieri”. In tale progetto risulta evidente come “Ispezione di Buon Governo” e “Corpo dei Carabinieri” fossero due istituti ben distinti: il Buon Governo aveva la Sovrintendenza Generale della Polizia, con qualche ingerenza anche nel campo giudiziario e amministrativo. I Carabinieri costituivano la forza militare organica attraverso la quale si attuavano le determinazioni del Buon Governo, ma che di per se stessa garantiva l’osservanza delle leggi, la difesa delle istituzioni, l’esercizio della giustizia, l’ordine pubblico. Le “Regie Patenti” del 13 luglio 1814 comprendono sedici articoli, dei quali dieci sono dedicati alla formazione del Buon Governo, e sei al Corpo dei Carabinieri. Nel preambolo si legge che si intende “porre in esecuzione tutti quei mezzi, che possono essere confacenti per iscoprire e sottoporre al rigore delle leggi i malviventi e malintenzionati, e prevenire le perniciose con-seguenze, che da soggetti di simile sorta, infesti sempre alla Società, derivare ne possono a danno dei privati e dello Stato”. Si legge ancora che per avere con una forza ben distribuita, i mezzi più pronti ed adatti allo scopo, nel creare una Direzione Generale di Buon Governo “specialmente incaricata di vegliare alla conservazione della pubblica e privata sicurezza, e andare all’incontro di quei disordini, che potrebbero intorbidarla...”, si ordinava anche la formazione di “un Corpo di Militari per buona condotta, e saviezza distinti con il nome dei Carabinieri Reali...”. L’articolo 1 riguardava gli oziosi ed i vagabondi, e disponeva che in caso di recidiva venissero aggiunti tre anni di carcere alla pena già disposta. L’articolo 2 disponeva che gli avvocati presso i Consigli di giustizia e pres-so le prefetture trasmettessero all’ufficio di Buon Governo il nome ed il luogo di provenienza degli individui usciti dalle carceri, perché fosse possi-bile tenerli sotto sorveglianza. L’articolo 3 stabiliva che nelle città in cui fossero destinati Commissari o Sottocommissari di Buon Governo, venissero create anche carceri di deposito per assicurarvi le persone arrestate. L’articolo 4 decretava che l’ufficio di Buon Governo doveva indagare se gli individui arrestati fossero colpevoli, ed in caso contrario doveva provvedere che fossero immediatamente rilasciati. L’articolo 5 stabiliva che gli ispettori di Buon Governo dovessero essere informati dei processi iniziati presso i tribunali del Regno Sardo ed inoltre dovevano essere portati a conoscenza del nome, cognome e luogo di provenienza degli imputati. Di particolare interesse per il Corpo dei Carabinieri è l’articolo 6, il quale stabiliva che le deposizioni dei Carabinieri avevano la stessa forza delle deposizioni dei testimoni. L’articolo 7 stabiliva che chiunque, transitando da una provincia all’altra, fosse stato sorpreso senza il regolare certificato di buona condotta venisse sottoposto a tre giorni di arresto. L’articolo 8 decretava che nessuno individuo potesse uscire dal territorio del Regno Sardo se sprovvisto di passaporto; i contravventori a questo ordine andavano soggetti alla pena pecuniaria di 50 scudi da dividersi fra la truppa, che aveva eseguito l’arresto, e le congregazioni di carità esistenti nel luogo dell’arresto. L’articolo 9 decretava che chiunque, provenendo dall’estero, avesse portato con sé lettere sigillate, dovesse consegnarle al primo posto di dogana incontrato nel Regno, sotto pena dell’arresto da applicarsi anche alle persone a cui le lettere fossero indirizzate. L’articolo 10 stabiliva che, qualora gli Ufficiali di Buon Governo avessero dovuto procedere a perquisizione domiciliare, venissero seguite determinate norme: era richiesto l’intervento del giudice oppure del Sindaco della città e se questo o, in sua assenza, uno degli amministratori si fossero rifiutati di intervenire alla perquisizione, andavano soggetti alla multa di dieci scudi. L’articolo 11 riguardava i rapporti dei Carabinieri con le autorità civili e mi-litari, le quali non potevano distogliere i primi dalle loro funzioni se non in caso d’urgenza, richiedendone l’opera sempre per iscritto e dichiarandone i motivi. L’articolo 12 stabiliva l’appartenenza dei Carabinieri all’Esercito ed il loro collocamento al primo posto fra gli altri venendo subito dopo le “guardie del Corpo”, con attribuzione ai Carabinieri di tutte le prerogative derivanti da quella priorità organica. L’articolo 13 decretava norme per l’assistenza ai Carabinieri da parte dei governatori, comandanti di piazza, comandanti delle truppe e delle milizie, oltreché dei comuni. L’articolo 14 stabiliva sanzioni gravissime per coloro che avessero opposto resistenza ai Carabinieri nell’esercizio delle loro funzioni. L’articolo 15 decretava che se il presidente del Buon Governo avesse ritenu-to opportuno ottenere un salvacondotto per qualche reo, la richiesta doveva essere indirizzata al primo presidente del Senato sotto la cui giurisdizione si trovava il reo, con facoltà a questo magistrato di aderire alla richiesta, se le circostanze lo permettevano. L’articolo 16, infine, stabiliva speciali organi giurisdizionali per i Carabinieri che si rendessero responsabili di reati, sia militari sia comuni. Se il reato era militare il Consiglio di Guerra doveva essere composto dal governatore di Torino, come presidente, dal comandante dei Carabinieri, da un Ufficiale del Corpo, da due Maggiori e dal Capitano più anziano della guarnigione, con l’intervento dell’Uditore Generale di guerra per l’istruttoria del proces-so; se il reato era misto oppure comune la commissione doveva essere composta dagli stessi membri, con l’aggiunta di due senatori del senato di Torino al posto dei due Maggiori. Con un viglietto dei primi di agosto 1814 si stabiliva la pianta dei Comandi del Corpo dei Carabinieri da costituire: 12 Divisioni (nelle principali città); 50 Ufficiali, compreso il comandante (Colonnello) e quartier mastro (Ufficiale preposto all’amministrazione). Delle Divisioni ne furono però impiantate soltanto 6 (Torino, Cuneo, Alessandria, Nizza, Novara e Savoia) e gli Ufficiali effettivamente nominati furono 27. I primi Ufficiali del Corpo dei Carabinieri furono i seguenti: – Colonnello comandante fu il Conte Provana di Bussolino già Luogote-nente Colonnello nel Reggimento Aosta dal 19 marzo 1796; il 18 agosto 1814 fu nominato comandante del Corpo dei Carabinieri e successiva-mente (17 ottobre 1814) divenne Aiutante Generale dell’Esercito e Ispettore Generale di fanteria. – Aiutante Maggiore fu Provana Casimiro, già Luogotenente nel “Savoia Cavalleria I Capitani furono: 1° Claretti Passino, già Capitano nel Reggimento di Ivrea (dal 7 maggio 1796); 2° Cavaliere Coppon, già Capitano nel Reggimento di Ciablese; 3° Cavaliere Chiesa Cervignasco, già Capitano del Reggimento di Piemonte; 4° Prunotti Luigi, nato il 22 luglio 1771 a Torino, fu Capitano del Reggi-mento di Pinerolo dal 9 febbraio 1797; nominato Capitano nel Corpo dei Carabinieri dal 13 agosto 1814, diventò poi Capitano del Battaglione di guarnigione dal 10 aprile 1816. I Luogotenenti furono: 1° Cavaliere Bruneri Rivarossa, già Capitano nel Reggimento “La marina”, passò poi al servizio francese; 2° Bernardi Giovanni Maria, già Brigadiere nelle guardie del Corpo, passò poi al servizio della Francia; 3° Beccaria Camillo, nato il 25 dicembre 1776 a Venaria, fu Sottotenente nelle guardie del Corpo e rivestì poi il grado di Sottotenente nella Gen-darmeria francese. Luogotenente nei Carabinieri dal 15 agosto 1814; 4° Baralis Ruffo, già Luogotenente nel Reggimento Nizza; 5° Cauvin, già Luogotenente nel Corpo dei guastatori; 6° Cavaliere Morra Carlo, già Luogotenente nel Reggimento di Torino; 7° Cavaliere Veggi, già Luogotenente in Aosta, poi al servizio dell’Austria; 8° Cavaliere Falletti Candido, già Sottotenente nel Reggimento di Susa; 9° Cavaliere Reale Paolo, già Sottotenente nel Reggimento di Vercelli; 10°Cavaliere Cacherano-Bricherasio Marco Aurelio, già guardia d’onore con il grado di Luogotenente al servizio francese. I Sottotenenti furono: 1° Ferraris, già Sottotenente nel Reggimento di Casale; 2° Maulandi, già Sottotenente nel Reggimento Mondovì; 3° Cavaliere di Castellegno, già Sottotenente nei “Dragoni della Regina”; 4° Covone, già Sottotenente nel Reggimento provinciale di Asti; 5° Lubatti, già Sottotenente nel Reggimento d’Aosta; 6° Agnelli, già Sottotenente nel Reggimento di Susa; 7° Cavaliere Ardigno Trotti; 8° Cavaliere Bonino Paolo, Guardia d’Onore del Principe Borghese; 9° Cottalorda, già Tenente nei Corazzieri francesi. Gli Ufficiali destinati al Corpo dei Carabinieri appartenevano quindi, per l’80 per cento, all’ancien régime, mentre per il 20 per cento provenivano da coloro che avevano prestato servizio nell’Esercito francese. Circa i compiti di servizio dei Carabinieri, essi andavano sempre più deter-minandosi, ma rimanevano preminenti quelli della sicurezza pubblica e dell’ordine pubblico, della polizia giudiziaria, della raccolta di notizie, di controllo dell’opinione pubblica. Nell’agosto 1814 venne approvato un regolamento per la istituzione del Buon Governo e del Corpo dei Carabinieri, il quale stabiliva la dipendenza del Corpo dal Presidente Capo del Buon Governo, che solo poteva ordinare la distribuzione dei Carabinieri nelle province, e proporre le nomine e le promozioni alla Segreteria di Guerra. I Carabinieri dovevano procedere all’arresto delle persone sorprese in flagrante delitto o gravemente sospette e di ogni altro individuo su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, ma fuori di questi casi non potevano eseguire alcun arresto. Erano considerate come persone gravemente sospette le persone “inseguite da clamori pubblici”, le persone che portavano armi insanguinate che facessero presumere la commissione di un delitto, le persone che si trovavano nelle vicinanze del luogo di un delitto di cui non si era ancora risaliti all’autore, i militari che viaggiavano senza essere muniti di carte di riconoscimento in quanto ritenuti colpevoli di diserzione, i vagabondi che si trovavano sul luogo ove si era verificato un incendio, furto, o altro delitto simile. Erano invece considerate come sorprese in flagrante delitto le persone che esercitavano violenza sulla persona o sulla proprietà altrui; gli incendiari, assassini o sediziosi, raggruppati ed armati; coloro che portavano armi proibite, i ladri di campagna, di raccolti, di frutta, di legna, di bestiame; quelli che danneggiavano i boschi, gli alberi, le siepi, i fossi, i canali, e coloro che tenevano pubblicamente giochi proibiti. I Carabinieri inoltre dovevano pattugliare le strade di grande comunicazione e secondarie, prendere ogni possibile informazione sui pubblici delitti notificandoli alle autorità competenti; dovevano ricercare e inseguire i malfattori, vigilare sui mendicanti e vagabondi compilando un processo verbale di ogni operazione di servizio da trasmettere al giudice e contemporaneamente al Presidente Capo del Buon Governo. I Carabinieri potevano entrare nelle locande, osterie o altre case aperte al pubblico, anche di notte, ma non potevano compiere ricerche nelle case private senza essere accompagnati dal Commissario o Sottocommissario di Buon Governo. Ogni arresto compiuto fuori di questi casi sarebbe stato considerato come detenzione arbitraria e chi lo avesse eseguito sarebbe stato trattato come colpevole di tale delitto; lo stesso si intendeva per qualsiasi arresto fatto legittimamente quando ad esso non seguisse, entro 24 ore, la traduzione degli arrestati alle Autorità competenti. Sono gli stessi compiti prescritti nel progetto per l’istituzione di un Corpo militare per il mantenimento del buon ordine, preparato dal Prunotti, che deve essere considerato il vero ispiratore ed artefice del Corpo dei Carabinieri. I Prefetti ed i Giudici dovevano comunicare riservatamente ai comandanti dei Carabinieri tutte le notizie ad essi pervenute, giudicate utili agli effetti del mantenimento del buon ordine e della sicurezza pubblica. Si può notare che nonostante la diretta dipendenza dal Buon Governo e l’intesa permanente con i Prefetti ed i Magistrati, il Corpo dei Carabinieri aveva una certa indipendenza, essendo libero di prendere - nell’ambito dei suoi statuti - tutte le iniziative necessarie. Con viglietto 9 agosto 1814 si davano disposizioni per la uniforme, l’armamento, l’arruolamento e la disciplina dei Carabinieri. L’uniforme consistette in un vestito o giusta-corpo (abito corto di panno turchino con code) tutto abbottonato, con colletto e paramani celesti, fodera rossa, bottoni d’argento, alamari a fiocchi d’argento al colletto, pantaloni turchini, cappello bicorno, molto alto. A quest’ultimo venne aggiunto, dal 17 marzo 1818 un bordo d’argento ed un pennacchio turchino e rosso, e fu prescritto che gli Ufficiali portassero le distinzioni del grado al colletto, paramani ed una catenella al colletto. Tutti avevano spalline e cordellini d’argento ed in complesso l’uniforme era già quella ancora oggi portata. Circa l’armamento, i Carabinieri nel 1814 vennero dotati di una carabina corta e di due pistole (quelli a cavallo), di un fucile corto da cacciatore (quelli a piedi). Tutti portavano la sciabola ed un cinturone a tracolla. I Ca-rabinieri avevano gli stessi vantaggi delle truppe di cavalleria ed erano sog-getti ai regolamenti militari dell’Esercito; nel Corpo potevano essere arruolati solo giovani di “buona reputazione” ed erano da preferirsi quelli che sapessero “mediocremente scrivere”. Per quanto riguarda la disciplina militare, essa dipendeva dal Colonnello comandante del Corpo che aveva la facoltà di licenziare quei Brigadieri e Carabinieri, tanto a piedi che a cavallo, i quali fossero riconosciuti negligenti nello svolgimento del servizio, informandone però prima la Segreteria di Guerra. Il viglietto determinava infine il numero degli Ufficiali (27) e stabiliva che i Sottufficiali dovessero essere 137, fra quelli a piedi e quelli a cavallo, e gli uomini di truppa 639 (totale Ufficiali, Sottufficiali e truppa: 803). Il primo ad essere nominato, sia pure provvisoriamente, Presidente del Buon Governo, fu il Luogotenente Generale Giorgio Des Geneys, che può essere collocato al primo posto nella cronologia dei comandanti del Corpo dei Carabinieri. Giorgio Andrea Des Geneys, fratello di Alessio Maurizio e Matteo, che al pari di lui giunsero a coprire le massime cariche militari del Regno di Sardegna, era nato a Chiomonte nel 1758; entrò nella marina sarda durante il Regno di Carlo Emanuele III e nel 1773 fu nominato guardiamarina. La sua attività si dispiegò maggiormente dal 1815 in poi, dopo l’annessione di Genova al Regno Sardo; fu governatore di Genova nel 1821 e comandan-te supremo della marina piemontese durante i regni di Carlo Felice e Carlo Alberto. Morì a Genova l’8 gennaio 1839. Nell’agosto dello stesso 1814 si ebbe la nomina del primo effettivo Presidente dell’Ispezione Generale di Buon Governo nella persona del Generale Giuseppe Thaon di Revel e quella contemporanea di Vicepresidente (Colonnello Carlo Lodi di Capriglio). Il Corpo ebbe anche un suo comandante effettivo, con il grado di Colonnel-lo nella persona di Luigi Provana di Bussolino e a lui spettava regolare la vita interna dei reparti, di perfezionarne l’organizzazione, di assicurarne il funzionamento, di provvedere all’amministrazione.
( 2' passo alla riscoperta della nostra storia, la Storia dei Carabinieri d'Italia. Pianetacobar.eu e la Storia dell'Arma dei Carabinieri)
Fonte: Pianetacobar.eu/ la Storia dell'Arma dei Carabinieri/ Aps Romeo Vincenzo